C'è una forma estetica anche nelle voci. Tentiamo di definirle coi parametri della musica. Timbro, altezza, colore... Oppure ci industriamo a trovare aggettivi calzanti, trasponendo in questo senso etereo gli altri sensi, soprattutto quello della vista, come se si potessero descrivere dei suoni con la terminologia della visione.
A sinistra: Tina Modotti che recita in uno scatto di Edward Weston del '24; a destra La voce di Tina, un mio acquerello del 2006.
I suoni ci inducono ad abbandonarci ad immaginari senza confini. Allo stesso modo le voci. Gli scrittori lo sanno bene, lo hanno sempre saputo. Come l'infaticabile ed istrionico Dickens, tanto per fare un esempio, che attraverso le letture itineranti dei suoi romanzi e racconti catturò con passione i suoi lettori e li portò definitivamente dove lui voleva.
Del potere incantatore della voce si sono occupati tanti scrittori. Nel curioso romanzo breve Le voci, Claudio Magris mette in scena un solitario io narrante ossessionato dalle voci registrate, vittima di una fortissima seduzione. Ma il racconto va più in là. Attraverso il breve messaggio preregistrato di una segretaria telefonica il protagonista asserisce di costruire senza filtri o inganni l'identità delle donne che chiama. L'unica identità secondo lui autentica. Ma l'ossessione si definisce e diventa rapidamente inquietante e parla di distanze e paure a colmarle. Le voci è stato (opportunamente) proposto da Rai Radio Techeté con la voce di Lino Capolicchio. E si può ascoltare qui.
C'è anche una memoria, delle voci. Imbattersi nella voce registrata di uno scrittore può essere un'esperienza particolarmente sconvolgente. La voce di Virginia Woolf, per fare un esempio, pare un ectoplasma fluttuante, pastoso.
Se la memoria è la nostra, personale e familiare, rintracciare una voce diventa una vera ricerca. Molto più labile e fragile per noi, più frustrante, cercare di ricordare una voce. Quando ci riusciamo il ricordo è vibrante, immensamente saturo.
Infine, c'è chi ha tentato e tenta da anni di comporre un'enciclopedia della parola, costruendo una catalogazione in divenire, fatta di tracciati mobili che seguono tematiche comuni, affinità istintive, comparazioni o parallelismi tra voci. La materia in questione, ça va sans dire, è un repertorio vastissimo e pressoché infinito. L'esplorazione tentata da l'Encyclopédie de la parole riguarda l'oralità in tutte le sue forme, attraverso registrazioni diverse e disparate e si propone come progetto ragguardevole (1.000 documenti fino ad oggi) e probabilmente megalomane. Ma il fascino è indubbio. Costituito nel 2007 da un collettivo di poeti, attori, artisti plastici, etnografi, musicisti, registi, drammaturghi, coreografi, si propone a lato del progetto web, di produrre tracce sonore, performance, spettacoli, conferenze, concerti e installazioni sotto il motto "Nous sommes tous des experts de la parole". Nulla di più vero. E il potere seduttore della parola è, d'altronde, un fatto, e di biblica memoria.