L'opera grafica di Max Ernst è ricchissima. Essa comprende tutte le tecniche di stampa ed incisione calcografica tradizionali e sperimentali, applicate spesso al medium del libro.
Per riunire ed analizzare tutta la produzione di libri d'artista di Max Ernst ci vorrebbe un immane lavoro, soprattutto se alla tradizionale tiratura limitata si aggiungono i multipli fotografici o gli esemplari unici che utilizzano monotipo, fotogramma, frottage o collage, da soli o mescolati. Se si considerano i suoi libri d'artista nel complesso, quello che impressiona è la grande libertà di linguaggio, l'utilizzo delle più svariate tecniche e la duttilità con la quale esse vengono impiegate. Le connessioni multiple che si possono creare tra parola e immagine, tra segno tipografico e segno grafico, e tra queste e lo spazio visivo della pagina, fanno del libro un luogo favorevole alla sperimentazione surrealista. Il libro si svolge inoltre in uno spazio-tempo (quello della sequenza delle pagine e del loro sfogliarle) che introduce un altro elemento di ricerca, quello temporale, con nuove possibilità di linguaggio.
Max Ernst era profondamente legato all'oggetto-libro. Grande lettore, si muoveva con disinvoltura dal francese all'inglese al tedesco. Nei suoi libri compaiono le tre lingue indistintamente, spesso alternate, a volte mescolate tra loro. Le sue letture erano vastissime e comprendevano la filosofia classica o contemporanea, la psicologia, l'etnologia, le scienze e la letteratura (in particolare Novalis, E.T.A. Hoffmann, Lewis Carroll, Alfred Jarry, Kafka e Beckett).
Attraverso i suoi libri d'artista, Max Ernst esplora tutte le tecniche incisorie tradizionali, con curiosità e libertà, spesso con spregiudicatezza. A queste affianca con peculiare energia tecniche sperimentali spiccatamente personali. Di tutte le tecniche, il collage è senza dubbio la sua tecnica privilegiata. Unicità e innovazione sono le due grandi qualità del collage. A Ernst piace soprattutto perché riesce a tradurre a meraviglia il senso del gioco e dell'inaspettato, che sono il motivo centrale di tutta la sua opera. Le immagini vengono scomposte e poi ricostituite secondo un nuovo ordine, privo di regole logiche o di regole già viste e conosciute. Nascono quindi forme e situazioni del tutto inattesi; l'esplosione di significati improvvisi e sorprendenti è garantita.
Tutte le potenzialità del collage vengono utilizzate ne Une semaine de bonté, considerato uno dei suoi più noti romanzi grafici (nonché l'ultimo), i cosiddetti "Novels in pictures", di cui fanno parte anche La femme 100 têtes e Rêve d'une petit fille qui voulut entrer au Carmel. I tre romanzi per immagini costituiscono l'emblema della letteratura surrealista poiché rifiutano la convezione secondo la quale il narratore è onnisciente. Già Louis Aragon (con Le paysan de Paris) e André Breton (con Nadja) avevano iniziato a scardinare le categorie di senso del vecchio repertorio iconografico, portando il dettaglio trascurabile, il frammento insignificante, dai margini alla centralità del racconto visivo, provocando nuovi imprevisti significati.
Scardinati logica e senso tradizionali, la parola e l'immagine appaiono isolate come entità enigmatiche a se stanti, come due linee parallele che non si incontrano. Non c'è dialogo né contatto tra loro, non c'è la possibilità che l'una possa spiegare l'altra e viceversa. Questo legame interrotto, spezzato, non è riparabile e il risultato è una duplice e contraddittoria sensazione di smarrimento e di ampliamento della coscienza. Se da un lato i due mondi sono criptici e sfuggono alla nostra comprensione poiché non ci viene volutamente data la loro chiave di lettura, dall'altro proprio questa mancanza di spiegazione e di racconto, crea nuovi significati, dilata le possibilità, non più imbrigliate nelle vecchie categorie di senso.