Quando ho letto per la prima volta le poesie di Susie mi son detta: “Finalmente un libro per bebé pieno di dolcezza ma non stucchevole!”. E questa è stata la mia stella polare durante tutto il lavoro d’interpretazione dei testi e poi di realizzazione delle immagini: la tenerezza senza leziosità.
Un neonato è un essere umano agli esordi, che ha letteralmente appena iniziato ad esistere e che ha un incredibile potenziale, ancora inespresso. Per me questo ha una carica emotiva e un’energia fortissimi. Volevo farli sentire, innescarli. In più allo stesso modo dei versi di Susie, che sono volta per volta dolci, birichini, concreti, poetici o divertenti, ho cercato di esprimere questa energia attraverso la varietà.
Nelle poesie di Susie c’è la ricchezza di una vita che inizia, attraverso le piccole grandi conquiste quotidiane. Ci sono anche la condivisione, la presenza di un mondo attorno al neonato, un contesto genitoriale e familiare che si prende cura di lui, lo segue, lo aiuta e lo guarda crescere. Il bambino non è cioè da solo nella sua avventura appena iniziata.
Le immagini che accompagnano le parole mostrano l’impresa coraggiosa e costante di apprendistato del bebé. A volte però le illustrazioni volano più lontano. Esse immaginano con ironia delle grandi gesta dietro le piccole, in un futuro fantastico, grandioso e divertente: il bebé alla conquista del Mondo, letteralmente, cavalcando una balena, un leone alato… E poi il bambino nostromo, cavaliere, ammaestratore d’animali…
In questa varietà c’è posto anche per altri aspetti e sentimenti, così commoventi e veri: certe immagini mostrano allora la creatura fragile e tenera che si tiene tra le braccia, che si vuole proteggere, quella che si accoccola vicino a noi. Delle immagini più intime, o notturne, silenziose e poetiche.
Le illustrazioni nascono a volte come eco ai versi, si riferiscono direttamente alle immagini e alle situazioni evocate dalle parole. Altre immagini invece nascono cullate dalle parole, interpretano una parola che agisce da scintilla e costruiscono un’atmosfera più vicina al sogno, al mistero. Ciò che in fondo è il bambino: un mistero.
Il mio sforzo costante è stato d’esprimere tutto questo: tutta questa grande ricchezza e complessità, con semplicità, dolcezza e levità. Per arrivare a questo ho attinto all’esperienza, all’osservazione, all’immaginazione, e naturalmente allo sguardo mai banale di Susie, sempre con lo scopo di creare o ricreare delle atmosfere (situazioni, emozioni, gesti, epifanie) che possono arrivare a tutti quelli che vivono o hanno vissuto la stessa esperienza, al di là delle differenze.
Parlando del processo creativo, lavorare all’insieme era stavolta più che mai fondamentale, non per raccontare una storia, evidentemente, ma per trovare coerenza nella varietà. Il rischio era infatti quello di avere un insieme di schegge, di frammenti senza unità. Volevo a questo proposito evitare le pagine bianche solamente decorate da piccoli elementi slegati e didattici. Sono andata avanti quindi per gradi: in un primo tempo appuntando senza troppo trattenermi per esplorare il più possibile. In una seconda fase ho scremato. A questo punto ho potuto abbandonarmi in modo più mirato ai giochi grafici e figure che le parole mi suggerivano.
L’albo è costruito come una sequenza di tavole doppie che inizialmente intercalavano delle vaste immagini con soggetti in primo piano e dalle ambientazioni varie, fantastiche o realistiche, a delle pagine ricche di dettagli su uno spazio-pagina più concettuale. Alla fine tutto questo è stato sacrificato per delle ragioni di semplicità (ahimè).
L’attenzione al tono generale doveva essere vigile sul carattere di ogni poesia. Alcune infatti sono poetiche, oniriche o contemplative, dal fraseggio più dolce. Altre sono più divertenti, rapide, ritmate e riferite alla realtà quotidiana. Talvolta l’immagine visualizza dei passaggi e alcuni elementi della poesia. Altre volte invece essa evoca un tema centrale. Altre ancora l’immagine crea, a partire dalla poesia, uno sviluppo immaginario e si appoggia su echi, rimandi, ricordi (come in musica). È la ricchezza di questa raccolta e secondo me bisognava mantenerla. L’invenzione delle immagini doveva in qualche modo seguire l’invenzione delle parole. Infine il mio sforzo nel gestire tutta questa complessità prevedeva uno story-board con un tono ben caratterizzato. Ho lavorato molto sul tono, che è nello stesso tempo il carattere, lo stile, un andamento (ancora una volta la musica…). Il progetto dell’albo era strutturato sul colore, su una dominante ovattata di blu di Prussia e le sue declinazioni e varianti, che punteggiavano tutte le pagine. Poi invece si è preferito schiarire ed epurare i fondali per giocare su immagini più aeree e emergenti dal bianco. Come dire che mi è toccato scendere dalla mia nuvola di visioni sensibili per essere riportata ad un mondo più nitido, regolare e formale…
A volte il bambino si “traveste”, secondo l’ispirazione delle parole: è nostromo, domatore di leoni alati, cavaliere, … In certi casi, nei primi schizzi, il bebé vestiva delle tutine che ricordavano il piumaggio degli uccelli (novello Pappageno) o aveva delle ali. Nelle immagini realizzate sussiste ancora in parte questa idea di bambino-uccello, di creatura leggera dalle ali di farfalla. Gli uccelli (come l’elemento acquatico e vegetale) ritorna spesso e anche di più nei primi studi. Erano i punti cardine sui quali poggiava tutto il libro.
Mr. James M. Barrie era senz’altro affacciato da qualche parte e guardava, assieme a tutta l’umanità delle favole classiche riunita. Una presenza benevola che spero sia ancora presente nell’albo e che segua con lo sguardo il nostro stesso sguardo di lettore/spettatore, come in uno specchio.