La classificazione d’appartenenza ad un genere è per un artista l’equivalente di una restrizione semplicistica e insopportabile. La rivendicazione di libertà nell’espressione della propria poetica viene vissuta oggi come ieri come un imperativo assoluto, dichiarata con veemenza o con silenzioso sdegno. Redon non fa eccezione.
Fin dall’inizio della propria carriera d’artista, Odilon Redon spiazza i suoi contemporanei: l’immaginario inconsueto sul quale lavora e la propensione all’utilizzo di tecniche cadute in disuso e poco compiacenti, come la fusaggine, lo portano ad essere considerato un illustratore o un pittore del soprannaturale. Il malinteso attinge alla fonte fantastica e visionaria dei soggetti, spesso ispirati a poesia e letteratura (si pensi ai lavori su Shakespeare, Poe, Baudelaire) ma che non coglie una natura contemplativa più naturale che soprannaturale, come dirà lo stesso artista con forza in un commento ad un testo di Emile Bernard nel 1904: “Je ne suis pas spirite, oh! Non. / Qu’est-ce que les esprits?” “Le surnaturel n’est pas ma nature”.
Al contrario Redon è attratto e ispirato fortemente dal dato reale, sia visibile che invisibile. Le scoperte scientifiche in particolare lo interessano, specialmente la botanica e la zoologia. Sono le forme naturali a mettere in fermento la sua natura d’artista, dalle più comuni (un filo d’erba, un sasso, una mano, un profilo, …) a quelle del microcosmo, che il progresso scientifico del suo tempo sta scoprendo ed esplorando. È da lì che parte, lasciando libero corso all’immaginazione, fondendo reale ad immaginario, registrando col disegno l’invenzione scaturita dall’osservazione dal vero. Tutta la sua vita Redon continuerà a disegnare la natura, alberi, fiori, rocce, unendo forme reali a forme immaginarie, con sguardo penetrante e mobile dal mondo visibile all’infinitesimamente piccolo, applicando all’invenzione creativa i meccanismi del sogno.
Songes (A la mémoire de mon ami Armand Clavaud), insieme di sei litografie su carta di riso applicata su vélin, stampata da Becquet a Parigi nel 1891 in 80 esemplari. Copertina in carta giapponese e cartella in lino grigio.
Sogno è una parola che ricorre spesso in Redon. L’onirico portatore di connessioni, enigmatico e rivelatore. La prima cartella grafica s’intitolava appunto Dans le Rêve; del 1886 è Dans la Nuit.
Songes s’intitola anche una raccolta 1891, dedicata all’amico Armand Clavaud. La dedica non è casuale: è grazie ad Armand infatti, amico d’infanzia e scienziato, che fin dal 1857 Redon viene iniziato alla botanica e alle ricerche scientifiche contemporanee. Con l’amico approfondisce e si appassiona al vivente invisibile. Il mondo rivelato dal microscopio pullula nell’opera di Redon, brulicante e confuso tra fiori, insetti e appartizioni. Infine Il sogno (1900-1901) è una raccolta di ventotto disegni, che costituiscono la collezione Elizabeth e Jean-Marie Eveillard conservata alla Morgan Library di New York. La cartella sancisce la vocazione all’esplorazione del non-visibile, di quello “stato dell’anima” rivendicato tante volte dall’artista. Arte che trasporta, secondo lo stesso Redon, “come la musica, nell’ambiguo mondo dell’indeterminato”.
Due disegni a fusaggine de Il sogno (1900/01)