venerdì 9 gennaio 2015

Autoproduzione 2/3: note introduttive al workshop



Il tema dell'autoproduzione di libri è di grande attualità.
E’ però un terreno vastissimo, in cui confluiscono esperienze davvero diverse tra loro. Per molte persone la parola Autoproduzione o self-publishing identifica quasi esclusivamente la fanzine, o rivista amatoriale, che è spesso un'esperienza collettiva. Tuttavia l’autoproduzione, intesa come compimento personale di un progetto-libro, è un concetto di molto precedente, nato con la nascita stessa della stampa, e molto più vasto, meno specialistico. Si è usato più recentemente il termine di microeditoria per parlare più nello specifico di autoproduzioni di libri. Ma anche in questo caso il contenitore è capiente e vario, e davvero ben assortito.

A volte risulta difficile districarsi nella selva delle possibilità e delle varianti, delle commistioni e declinazioni che aggrovigliano il tema dell’autoproduzione e lo rendono un terreno labirintico. Può però essere molto interessante, soprattutto per un illustratore, focalizzare l’attenzione su uno degli aspetti dell’autoproduzione, quella più strettamente legata al libro illustrato, circoscrivendo il tema a quelle esperienze che dal libro d’artista (spesso a esemplare unico) e al multiplo d’arte arrivano e si esprimono nell’edizione tradizionale.




Maurizio Olivotto, Condensa e dissolvi, copertina e doppia pagina di libro d'artista a esemplare unico, tecniche e materiali diversi assemblati.

Infatti, autoprodurre un proprio libro, dall’ideazione, alle varie fasi di progettazione e realizzazione, fino alla sua promozione e distribuzione, può essere un’esperienza appagante e formativa che non necessariamente sostituisce la progettazione e realizzazione di un libro “normale”, attraverso interlocutori e canali dell’editoria tradizionale.

L'autoprodursi può diventare cioè modo alternativo e parallelo, dove lo scopo è quello di curare edizioni originali, pregevoli o complesse o difficilmente producibili in alte tirature, con un gusto spiccato per la forma, i materiali, l’intervento manuale e perciò prediligendo metodi e tecniche tradizionali o squisitamente artistiche sia per il testo che per le immagini. Senza precludersi tuttavia la possibilità di esplorare e utilizzare tecniche miste, metodi più pratici, semplici ed efficaci, adatti anche a farne dei multipli.

Il seguito dopo il click!





Di Cécile Gambini in alto: L'Anglais vu par Pavupapri, libro autoprodotto in tecnica mista in 20 esemplari; in basso: Journal de la mi-août. I libri sono stati realizzati tra il 2013 e il 2014.


In un caso, a partire da un libro d’artista a tiratura unica, può esistere una versione editata prodotta su più larga scala, con le varianti e le semplificazioni dettate dal tipo di produzione (tipi di carta più economici, formati standard, rilegature più semplici). Esistono degli esempi molto interessanti in proposito. Uno tra tutti: l’Alice in Wonderland di Susy Lee, pubblicata poi da Corraini. Il libro iniziale, tra il pop-up e il gioco d’ombre, è stato riprodotto in fotografia nella versione offset e, di fatto, è diventato un altro libro, che non sostituisce o rivaleggia la prima versione. 
Susy Lee, Alice in wonderland, in alto il libro d'artista, fondo Tate Britain, Londra; in basso lo stesso libro editato da Corraini, Mantova, II ed. 2009


In altri casi la tiratura tradizionale avviene a partire da un multiplo d’arte, da un libro cioè che è già disponibile in più esemplari, ma a tiratura limitata. E' la mia propria esperienza, che da libri d'artista in calcografia su carta pregiata e a bassa tiratura, arriva a versioni offset con carte e formati correnti.


Tiziana Romanin,in alto: C'est l'histoire, libro d'artista a fisarmonica in 15 esemplari, acqueforti su matrici singole, dipinte ad acquerello; versioni offset in francese a cura dell'edizioni Grandir, Nîmes, 2002 e italiano di Jaca Book, Milano, 2002; in basso: la versione offset di Voilà mon ballon rouge, pubblicato da Sarbacane, Parigi, nel 2006 a partire da un libro d'artista con tecnica calcografica e veline colorate.







Altro esempio tra tutti è il lavoro di Béatrice Coron (che ricorda da vicino i paper cuts di Andersen). Alcuni dei suoi titoli, spesso libri unici o editati in piccole tirature, vengono altre volte pubblicati in edizione tradizionale.



Béatrice Coron, Marine, libro d'artista in sei esemplari ispirato al poema di Paul Verlaine, papers cuts, 2013; in basso: Excentric city, Ed.Les Grandes Personnes, Parigi, 2014





Come in questo caso, lo sviluppo e la diffusione di nuove tecniche di stampa consentono il passaggio dal libro d’artista a quello ad alta tiratura. Nello specifico l’utilizzo di macchinari al laser permette di riprodurre silhouettes e disegni sagomati anche nel più piccolo dettaglio, introducendo nell’editoria tradizionale un genere fino ad oggi limitato dalla pratica manuale a pochi esemplari.

In altri cataloghi, per esempio quello dell’editore francese Les trois ourses, alcuni libri vengono riprodotti su ordinazione (e a tiratura limitata) a partire da primi esemplari unici.


1à10 di Louise-Marie Cumont, libro in tessuto su ordinazione, Editions Les Trois Ourses, Parigi 

E ancora, i libri di Katsumi Komagata o quelli di Kveta Pacovka, con le dovute distinzioni e qualche compromesso, possono essere considerati al pari di libri d’artista riprodotti però alle tirature più correnti. Naturalmente vengono meno gli elementi di preziosità ed esclusività dei pezzi, peculiarità del libro d'artista vero e proprio.


Sopra: Katsumi Komagata,A cloud, One Stroke, Tokio; in basso: Kveta Pacovska, Les couleurs du jour, Editons Les Grandes Personnes, Parigi, 2014

Questi libri si posizionano esattamente a metà strada tra il libro d’artista ed il libro tradizionale. 

Sia nel caso in cui il libro di partenza sia un esemplare unico o si tratti di un multiplo d’arte, l’obiettivo è il medesimo: affiancare al libro prezioso una versione più semplice ed economica, a volte una variante proprio diversa nella forma, con maggiori possibilità di diffusione. E’ evidente che i due libri saranno diversi, ma in fondo è proprio questo lo scopo e la ricchezza dell’esperienza. Soprattutto in quei progetti artistici a tutto tondo, dove contenuti, immagini, grafica e materiali partecipano in modo corale all’oggetto-libro e sono frutto di un interesse e una cura artistica spiccati. Il vantaggio è duplice: anzitutto offrire una doppia vita a un libro altrimenti confinato a una fruizione esclusivamente elitaria. In secondo luogo significa poter progettare senza imporsi a priori i limiti della progettazione tradizionale, lasciando libero corso alla sperimentazione e alla dimensione più artistica nella progettazione di un libro.



Sopra: Julie Safirstein, Feuilles, libro-gioco, Editions Mémo, Nantes; in basso: Gyong-Sook Goh, 100 pots, Jaimimage Publishing Co., diffuso in Francia da Les Trois Ourses, Parigi


Nell’autoproduzione, infatti, lo sviluppo e l’affermazione della propria espressione artistica hanno meno vincoli, perlomeno nelle prime fasi del progetto. Poiché libero dai limiti imposti da intermediari (autori, editori, diffusori) e senza imposizioni date da una produzione che deve rientrare, anche solo per esistere, nelle leggi di mercato, il libro autoprodotto ha tutte le qualità per godere di attenzione e riguardo. Può diventare terreno di prova, cameo ricercato e prezioso, mezzo per misurarsi e mostrarsi, contenitore e veicolo di idee.


In alto: Ximena Pérez Grobet, Art Deco in New York, libro in cofanetto tirato a 18 esemplari, stampa a caratteri mobili e fotografia, 1994; in basso: Lucio Passerini, Jennette Poletti, Abbecedario sonoro di Pinocchio, xilografie e stampa a caratteri tipografici, Edizioni del Buon Tempo, Milano, 2014


Tutto questo è vero e positivo. E' il verso della medaglia. Ma poiché, come tutte le cose, anche questa contiene l'ambivalenza di cui è pregna ogni esperienza, dobbiamo essere consapevoli del recto, ossia del rovescio della medaglia. 

Il confronto con gli altri artefici di un progetto (autore, editore) è anche (non sempre ma spesso) motivo di crescita, di confronto costruttivo, di apprendimento. L'arte di creare un libro è un mestiere, basato sulla concretezza di stadi, tappe, scadenze; sullo sviluppo di competenze e affidabilità; sullo scambio e la ricchezza dei rapporti umani. Nel momento in cui perdiamo tutto questo, per guadagnare in libertà, l'avventura che ci aspetta può essere sconcertante, meno idilliaca di come ce l'aspettavamo. Possiamo sì esprimere noi stessi, ma noi stessi è davvero così interessante da esprimere? Possiamo sperimentare in qualsiasi direzione, che sia essa tecnica, forma, dimensione, ma come infine scegliere? Senza dei referenti perdiamo anche dei riferimenti.

L’autoprodursi è quindi una sfida, anzitutto con se stessi.

Dove il tema della responsabilità diventa attualissimo: nell’assumersi l’investimento di tempo ed energia che il progetto personale richiede, rispondendone in prima persona dal concepimento al suo andare nel mondo. Non sarà colpa degli altri se la bozza a matita non è mai diventata una sequenza di pagine rilegate. Questa presa di coscienza presuppone una messa in discussione di quell’immagine romantica ed irreale dell’illustratore/autore che crea nella quiete idilliaca del suo atelier, in un fluire generativo e perfetto, al di sopra dei turbamenti causati dal mondo esterno, distaccato e propositivo.

Per portare a buon fine un’idea, farla nascere, crescere e migliorarsi fino a darle una forma definitiva e compiuta, bisogna dare fondo a molte, differenti risorse. Doti che nel lavoro su commissione sono compresenti perché condivise dall’intera équipe di lavoro e non da un singolo: lo spirito critico, la costanza, la determinazione, la puntualità, la motivazione...

Ultimo punto, ma primario, riguarda i contenuti. Non sono un dettaglio. Se la bella forma, la trovata bizzarra e appariscente, l'estetica accattivante e ben studiata, non servono una ragione (che può essere molto banalmente una bella storia, un gioco intelligente, in una parola: un motivo, anche semplice purchè consapevole), rimarranno un pregevole pretesto, un involucro senza consistenza.

Infine, un libro, anche se in tiratura limitatissima, per definizione è fatto per essere diffuso e divulgato. Possibilmente oltre le pareti del proprio atelier e al di la del gradimento della propria cerchia di zie ed amici. In libreria, galleria, biblioteca, fiera o esposizione temporanea, i luoghi sono molteplici.



In alto: lo storico Petit Chaperon Rouge di Warja Lavater, Maeght Editions, Parigi, 1965; in basso: Jeffrey Decoster, Spill book, esemplare unico con materiali e tecniche diverse



Per questo, oltre alla cura progettuale e pratica, nell’autoproduzione è fondamentale la cura della diffusione. I canali sono svariati e la loro scelta dipende anzitutto e ancora una volta da un criterio individuale.


Gianpaolo Pagni, Senza pensare, stampa al laser, Redfoxpress, 2012

Come ogni scelta percorsa nel progetto autoprodotto, anche quella dei mezzi per diffonderlo risponde a questioni di affinità ed intenti. Affidarsi a terzi, far parte di un collettivo di artisti o seguire personalmente l’esito del proprio libro autoprodotto è l’ultima tappa eppure la prima nel chiarire la propria personalità e l’immagine che si ha e si da del proprio lavoro.



In alto e in basso il lavoro di Icinori: il pop-up Mauvais Tours e il libro a concertina Explorer, tiratura a 90 esemplari. Entrambi i libri sono realizzati in serigrafia