Maria Lai fotografata da Gianluca Vassalli
Nei libri d'artista, in special modo. Libri le cui trame sono piuttosto orditi e dei quali le storie si leggono coi sensi, l'istinto, e la reminescenza bambina piuttosto che coi soli occhi. Sono i gesti femminili e familiari, sapienti e pazienti che diventano libri, e cioè esperienza del tempo, dello spazio e della memoria; gesti che si trasformano e trasformano, che creano intrecci e fili di parole con la storia, per poi ricongiungersi e riannodarsi al mito e agli archetipi (Penelope e il suo telaio, Arianna e il suo filo,...). Manualità e racconto sono così strettamente legati. Il potere narrativo è alla base di tutto. Non a caso l'opera centrale dell'esposizione è la Leggenda del Sartus Pater (del 1990), un libro d'artista che si rifà al racconto di Giuseppe Dessì, a sua volta rielaborazione di un'antica leggenda sarda sulla creazione del mondo. Ecco di nuovo le origini, la potenza fondante del racconto, intessuta con quella evocatrice della parola tracciata da un filo. E la figura femminile come centrale, e prescelta, per l'inizio di tutto, che ora tesse pazientemente, e ora svela.
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