Spesso tra contenuto e contenitore s’instaura un dialogo e
questo rapporto stretto tra ciò che contiene e ciò che contenuto, tra mezzo e
sostanza si potrebbe dire, arriva all’identificazione. In questi casi l’uno
completa l’altro, lo spiega, lo definisce. Separarli è impossibile. Altre volte
il contenitore diventa particolarmente prezioso perché ci svela invece una parte dell’opera
(e del suo creatore) altrimenti nascosta. E’ in questo che verte il lavoro
straordinario (nel senso letterale di: fuori dall’ordinario) Less in more del fotografo
Illés Sarkantyu, interpretazione viva del lavoro di un altro fotografo, Lucien
Hérvé. Un lavoro fuori dal comune, appunto.
Lucien
Hervé (il suo vero nome era László Elkán) è conosciuto per essere stato uno
dei più grandi fotografi d’architettura del dopoguerra, il fotografo accreditato
di Le Corbusier e di altri architetti celebri come Alvar Aalto e Oscar
Niemeyer. Si è spesso scritto sulla precisione e purezza del suo occhio, lodato il suo grande rigore,
l’economia di mezzi e il modo, tutto personale, di tenersi al limite tra
astrazione e figuratività, con lo scopo di riuscire a mostrare l’idea, il disegno che sta al di là dell’apparenza esteriore delle cose.
Lucien Hérvé, Le Corbusier en Indie e Haute cour de Chardigargs, droits Hérvé
Illés Sarkantyu,
a sua volta ungherese e fotografo, aveva conosciuto Hérvé nel 2003 durante un
progetto personale: una serie di ritratti di artisti e intellettuali ungheresi
installatisi in Francia. Tra i due fotografi era allora nata un’amicizia,
nonostante i 60 anni che li separavano. Alla morte di Lucien Hérvé nel 2007, la
vedova confida a Illés Sarkantyu il compito di gestire il patrimonio
fotografico del marito.
Per fini semplicemente classificatori,
Sarkantyu comicia con l'ordinare, fotografare e archiviare le cartelle di
lavoro e i documenti che si trovano nello studio di Hérvé. Ed è solo qualche
anno dopo, lavorando a una commessa di documentario filmato su Hérvé, che si
rende conto di avere raccolto del materiale prezioso.
Nel realizzare il film Sarkantyu si confronta
con questa domanda: come evocare l’uomo se egli non c’è più? Il repertorio di foto delle cartelle di Hérvé gli torna in mente. Attraverso
l’assemblaggio di note, perforazioni, adesivi colorati, scrittura, etichette,
pezzi di scotch, ecc… esse testimoniano, al di là di ciò che contengono, la
creatività quotidiana del fotografo.
Sarkantyu decide quindi di tornare all’atelier
ed è là che scopre e raccoglie una grande varietà di piccole carte, di oggetti
misteriosi, di quaderni, cartelle, intercalari lavorati, tracce intime dell’uomo
creatore, espressive e spontanee, che completano per contrasto il lavoro
ufficiale del fotografo, quello rigorosamente costruito, studiato, pensato.
Questa intuizione porta Sarkantyu a una vera
e propria ricerca sull’opera di Hérvé (la ricostruzione del suo pensiero, il metodo, le
intenzioni artistiche) e ad un lavoro finale dove interpreta tutto il
materiale raccolto attraverso la fotografia. Questo confronto sfocia nella
realizzazione di un primo progetto, Memorandum, e in seguito, all’esposizione Less
is more (dalla celebre frase di Mies van der Rohe, fondamento dell’architettura
contemporanea e del lavoro di Hérvé) che comincia ad essere proposta dal 2013.
Le due serie fotografiche di Sakantyu completano l’opera di Hérvé, proponendoci
l’uomo dietro l’immagine ufficiale, un uomo che, con piacere e senso del gioco, ha consacrato ogni istante della propria vita alla creazione.
Tutte le immagini del post senza specifica didascalia si riferiscono al progetto Memorandum, tranne l'ultima che è del progetto Less is more, e sono tutte di proprietà di Illés Sarkantyu.