giovedì 13 giugno 2013

7, rue des Grands Augustins


I luoghi hanno un’anima? Quella che noi gli prestiamo, probabilmente.



Al 7 della rue des Grands Augustins, a Parigi, c’è un luogo che sembra esistere per eccitare la nostra immaginazione. E’ lì che Balzac situa prima della Rivoluzione francese l’atelier di Maestro Frenhofer nel suo Le Chef-d’oeuvre inconnu (Il capolavoro sconosciuto) e che Picasso accetta la sfida del vecchio pittore immaginario e installa il suo, d’atelier, nel 1937. Qualche anno dopo aver illustrato il racconto di Balzac per Ambroise Vollard con una serie di acqueforti e di xilografie.


Picasso, Le chef-d'oeuvre inconnu, acqua forte per Ambroise Vollard, 1931

E’ in questo luogo, secondo la novella di Balzac, che il giovane Nicolas Poussin scopre fino a che punto passione e genio possono portare un artista. Il proponimento di Balzac è quello di descrivere i danni del pensiero quando passa i limiti. Ad un certo punto fa dire al pittore Porbus: “Lavorate! I pittori devono meditare solo con i pennelli in mano.” Monito sul quale ogni artista dovrebbe riflettere… Ed è qui che Picasso dipinge Guernica, quello che Brassai definisce “il capolavoro ben conosciuto”. Picasso, che, ironia della sorte, lavora e rilavora tutta la sua vita su capolavori molto noti (Las meninas di Velazquez, solo per fare un esempio) rimane affascinato dal Capolavoro sconosciuto e dalla magia dei luoghi e a quella dei suoi vecchi abitanti, anche se sono solo fantasmi o attori.


 Nicolas Poussin, schizzo per il Massacro degli Innocenti, 1625 circa

Picasso, studi per il bambino ucciso del Guernica, 1937

Henry Cartier-Bresson, L'atelier des Grands Augustins nel 1944

Nell’immaginario di Balzac che scrive il suo racconto sulla creazione artistica, c’è senza dubbio il mito di Faust. In certi passaggi del Chef- d’oeuvre inconnu si riconosce l’alchimista. Anche il termine “arcano” che utilizza lo scrittore per spiegare i procedimenti artistici del vecchio pittore, rinvia all’operazione misteriosa della trasmutazione dei metalli (“arcani dell’arte” secondo l’espressione di Frenhofer). Balzac conosceva probabilmente i disegni di Delacroix per il Faust di Goethe pubblicato da Motte nel 1827-1828; la prima versione del racconto è infatti del 1831. La descrizione dell’atelier di Frenhofer evoca in modo sorprendente l’atelier di Faust nei disegni di Delacroix. Ma Balzac frequentava anche le sale di Rembrandt del Louvre e conosceva quindi il Filosofo in meditazione, opera della quale tutta una generazione di scrittori a lui vicini s’era ispirata (George Sand, Théophile Gauthier,…).

 Due scatti di Brassai sull'interno dell'atelier di Picasso negli anni 40


 Rembrandt, Il filosofo in meditazione (o Anna e Tobia), olio su tela, 1632, Museo del Louvre

 Eugene Delacroix, Faust nel suo studio, litografia, Motte Editore, Parigi, 1827/1828

Rembrandt, Faust o l'alchimista, acquaforte, puntasecca e bulino, 1652 circa


Si è notato inoltre che i termini utilizzati dal vecchio Frenhofer sembrano più quelli di un incisore che quelli di un pittore (“tratto accuratamente sbarbato”, “segnato in modo asciutto”,…). E l’incisione e i suoi procedimenti ci riportano ancora a quelli dell’alchimia…


Robert Capa, Picasso nella scala a chiocciola dell'atelier des Grands Augustins

La scala a chiocciola del quadro di Rembrandt si ritrova curiosamente nell’atelier descritto da Balzac, lo stesso fotografato da Robert Capa. Questa scala è forse oggi la parte più interessante del luogo. Un po’ trascurata, ma anche (e forse per questo) la parte più autentica, è là che ci si rappresenta meglio i personaggi reali e quelli immaginari che  sono saliti sui suoi gradini. Perché quel che rimane di questo luogo leggendario è soprattutto una messa in scena d’atelier d’artista, pulita e ordinata. Tutto il resto dobbiamo metterlo noi.


Brassai, Picasso nell'atelier des Grands Augustins, 1944

Dora Maar, Guernica, primo stato, 1937

L'interno dell'atelier oggi (fonte CNEA)