giovedì 19 marzo 2015

Vita? o Teatro?

"Considero il mondo per quello che è: un palcoscenico dove ciascuno deve recitare la sua parte" William Shakespeare 

Libro a fogli sparsi, copione di pièce teatrale musicata, autobiografia per immagini: la raccolta "Leben? oder Theater?" dipinta da Charlotte Salomon è tutto questo, eppure è anche molto di più.



La raccolta comprende 1325 dipinti realizzati a tempera e a guazzo, dai quali l'autrice scelse una sequenza di 769 immagini. In queste tavole convivono pittura, letteratura e musica. La sequenza racconta la vita della protagonista, Charlotte Kann (la stessa Charlotte Salomon), ripercorrendone le tappe salienti, gli episodi felici o dolorosi, i passaggi difficili, i ricordi, gli stati d'animo, e mettendo in scena con la protagonista altri attori, altri personaggi che si muovono e compongono gli atti di una pièce musicale simbolica e catartica.

 



Il tratto, a tempera o a guazzo, è insieme fluido e vigoroso. La forza è intensificata dall'uso dei colori primari, usati spesso puri, per spessori incisivi o trasparenze disinvolte. Colore anti-naturalistico, eco e vibrazione della soggettività della visione (emotiva, intima). Tutta l'esperienza post impressionista ed espressionista è qui assimilata e rielaborata: da Gauguin a Van Gogh e, partendo da loro, Kirchner, Munch, Ensor. E, ancora, Kokosckha, Schiele. Ma aleggiano nelle pagine anche i ricordi di Blake e dei pittori visionari, e l'onirismo poetico di Chagall. Di quei pittori che hanno usato tutto il potere illustrativo dell'immagine accompagnata e allacciata visivamente al testo.




La mise en page si adopera quanto la mise en scène: servono il racconto, quasi fosse imperativo urgente l'efficacia, l'aderenza ai fatti emotivi attraverso il ricordo e lo stato d'animo, e non la ricerca formale ed estetica per se stessa. Così troviamo vedute prospettiche ardite e fantastiche; deformazioni che seguono le necessità del dire e quelle, più evocative e simboliche, del sentimento; giustapposizioni di scene che si svolgono in più luoghi contemporaneamente; tagli significativi e arbitrari presi a prestito dai nuovi mezzi fotografici e cinematografici. 



La commistione di immagine, testo e musica accompagna tutta l'opera. Le parole si fanno disegno sinuoso, seguono la fluidità delle immagini e quelle, impalpabili, del suono. A volte fogli più sottili di solo testo vengono giustapposti a scene dipinte, e formano un gruppo legato insieme da trasparenze e rimandi. Le annotazioni sul repertorio musicale è vasto ma sceltissimo: Charlotte spazia dalle canzoni popolari,anche ebraiche,ai lieder di Schubert, Schumann, Beethoven, alle arie cantate barocche di Benedetto Marcello, l' opera (Gluck e la sua Orfeo ed Euridice cui fa da contrappunto la Carmen di Bizet), la musica sacra di Händel, e i più moderni Mendelssohn e Webern. In ogni caso sempre musica cantata.





La parola quindi, unita alla musica o accompagnata al disegno, è strutturante del momento-immagine. Diventa parte integrante del segno pittorico, assimilando e andando oltre l'utilizzo Art Nouveau della scrittura come decorazione. Qui è insieme forma estetica, segno fonetico, racconto.


L'insieme di queste pagine venne dipinto da Charlotte Salomon tra il 1940 al 1942 a Villefranche-sur-Mer, dove la ragazza raggiunge i nonni materni. Veniva da Berlino, e dalle sempre più incombenti e pressanti persecuzioni antisemite naziste. Orfana di madre, all'internamento del padre nel 1936, Charlotte si rifugia in Francia, accolta dai nonni materni. Poco dopo il suo arrivo la nonna tenta il suicidio. Ci riproverà, riuscendoci, qualche anno dopo. E' allora che un velo viene alzato sul destino suicida di  sette tra donne e uomini della sua famiglia, occultato fino ad allora: il nonno rivela a Charlotte che anche la madre non è morta per le conseguenze di una grave influenza, ma gettandosi dalla finestra. Come la madre di Charlotte, altre quattro donne della famiglia, in linea genealogica stretta, si sono tolte la vita. Per Charlotte questa rivelazione sarà uno choc salutare, e la possibilità di sottrarsi ad un destino familiare che, proprio a causa dell'omissione, del non-detto, pare ineluttabile. 


Dopo un primo internamento a Gurs col nonno nel 1940, breve per le condizioni di salute precarie del vecchio, Charlotte intraprende "Leben? oder Theater?". Questo ripensare in immagini la propria esistenza sarà il mezzo per esprimere la propria volontà alla vita, una catarsi teatrale (anche se trasposta in una sequenza d'immagini disegnate e non rappresentata davvero) nel senso classico del termine. Ma non ci interessa qui parlare minimamente delle capacità terapeutiche dell'arte, quanto della forma originale che prende questo particolare riattraversamento, per usare un termine psicoanalitico specifico, questo esercizio che serve a nominare, e quindi disarmare, il problema. Che in questo caso specifico, equivale a salvarsi dall'incombente aspettativa (tanto più pericolosa quanto non palesata) di un reiterasi familiare dell'autodistruzione. 




Il risultato è di una forza sconvolgente. I rimandi ai diversi campi della creazione artistica (pittura, letteratura, musica) e alle loro molteplici varianti fanno di quest'opera un unicum. Pièce irrappresentabile, libro non rilegato e non sfogliabile, musica scritta e perciò mentale: di ogni forma artistica usata rimane qui la potenzialità, la possibilità, quasi per paradosso la sua rappresentazione. Ma il nodo importante è sciolto, il diario a ritroso si snoda e racconta. E' questa vocazione e volontà al racconto che colpisce, la capacità illustrativa di un fatto o di un'emozione. Il resto è lo strumento, il mezzo e il veicolo. 





Nell'ultima immagine della raccolta, la protagonista è di spalle, davanti ad un tramonto e sul suo dorso ricompare il titolo d'apertura. Nella pagina precedente si leggeva: " Attorno a se, vide il mare, sentì il sole, e seppe che era necessario per lei svanire per un po' dalla vita, e fare qualsiasi sacrificio per creare dal profondo un mondo nuovo, suo."



Quest' opera-vita consentirà a Charlotte di rimanere in equilibrio e salvarsi. Fino a. 
Persecuzioni, rastrellamenti e denunce sempre più frequenti, nel 1942 Charlotte affida ad un amico una valigia. In quella valigia ha riunito tutto i suoi dipinti e la storia ci consegna la sua frase nel porgerla: "Qui c'è tutta la mia vita". L'anno seguente Charlotte sposerà Alexander Niger, anche lui rifugiato tedesco. Poco dopo, arrestati entrambi, verranno deportati ad Auschwitz. Charlotte, incinta di cinque mesi, morirà probabilmente il giorno del suo arrivo.

La raccolta completa di "Leben? oder Theater?" si può vedere in linea nel sito del Jewish Historical Museum di Amsterdam, che la conserva interamente.

Per la sua storia invece, bisogna affidarsi all'immaginazione, nostra o altrui. La vita e i dipinti di Charlotte hanno infatti interessato, ispirato e commosso scrittori, drammaturgi, cineasti  e poeti. Tra tutti, segnaliamo il libro Charlotte di David Foenkinos vincitore sia del Prix Renaudot che del Goncourt des Lycéens sul finire del 2014. Una scrittura dal risultato controverso, che rivela di un innamoramento e di un'ossessione per un'opera e un essere straordinari.