lunedì 29 gennaio 2018

La louve et l'anglais- versione italiana


La Louve et l'anglais. Rome 1846. è appena uscito in libreria.
Anche se diverso, è strettamente legato a Franz, Dora, la petite fille et sa poupée (pubblicato nel 2016) e all’ultimo albo uscito L'histoire extraordinaire d'Adam R. (2017). Si potrebbe infatti dire che gli ultimi tre libri realizzati con Didier Lévy, anche se hanno toni, ambientazioni e storie diverse, possiedono tuttavia degli ingredienti comuni, che li strutturano e li connotano: la Storia, i libri, l’amicizia.
I tre libri ci immergono nella vita, o piuttosto in brani di vita, di personaggi realmente esistiti. Che avvenga attraverso un personaggio celebre come Franz Kafka o sconosciuto come Adam Reiner o appena conosciuto come Richard Deakin, i tre albi svelano parti della Storia con la S maiuscola. Storia come materia viva, vicina a noi perché fatta da esseri umani come noi, che soltanto la distanza temporale (e a volte una scuola di mere nozioni) ci ha reso freddi, lontani e astratti.
Certamente l’immaginazione è parte integrante del racconto. Non solo per colmare la mancanza di materiale storico documentato: è attraverso l’immaginazione, delle parole e delle immagini, che si entra in comunicazione col lettore. E’ grazie a lei che si sviluppano, costruendoli, dei sentieri altrimenti sfocati, fragili e inconsistenti. E ancora è l’immaginazione che rende plausibili queste storie, dove l’immaginazione stessa degli uomini raccontati scaturisce come un atto di volontà. Potere sublime, semplice e tenace delle convinzioni e delle passioni, potere dell’immaginazione che permette piccole e grandi scoperte (Deakin), ma che dà anche consolazione, conforto e gioia, malgrado tutto (Adam et Franz).
Il secondo tema comune è l’amore per i libri. Che lo si voglia guardare dal lato di chi scrive o di chi legge, questa passione fonda delle esistenze, le fa sbocciare, le illumina. Cos’è un libro? I limiti concreti dell’oggetto che abbiamo tra le mani sono solo apparenti: fonte di divertimento, di piacere, il libro è anche rifugio, tramite di conoscenza e d’esperienza, di memoria e di sogni, punto di vista, scoperta, casa, scambio,…
Il tema dell’amicizia sorge e si staglia da questo paesaggio. Grandi e meravigliose amicizie, a volte strane o simboliche, che sfidano le differenze e anche la verosimiglianza talmente cara agli adulti. Nella semplicità dell’infanzia (dell’anima) tutto è possibile. Senza dire e spiegare tutto, solo l’apertura all’altro, l’interesse per lo scambio con chi è diverso da noi.
Poi, come lo è stato per gli ultimi due, anche in questo libro più temi si mescolano. Più livelli di lettura si affiancano e si offrono a dei lettori differenti per età, gusti e interessi. Ognuno, bambino o adulto, potrà trovarci piacere e appagamento. Lo si potrà leggere come un’avventura misteriosa e appassionante, un’indagine da compiere, un mistero da svelare. In ogni caso lo si leggerà anche come la storia di una grande passione, quella di un giovane uomo per la scienza dei fiori e delle piante, la botanica. Una passione simile a certe passioni indefettibili che nascono solo nell’infanzia e nella giovinezza, e che compiono il destino di certi uomini (vorremmo dire: di ogni uomo).
Poi ci sono altri temi in secondo piano, più o meno nascosti. Come un fondale ecco il Grand Tour, la fascinazione di tutta l’Europa per l’Italia in generale e la Città Eterna in particolare.
Ci sono i miti atemporali di Roma e della sua nascita, dell’Impero Romano, guardati attraverso l’occhio del Romanticismo. Alcune passeggiate celebri ci sono servite e ci hanno accompagnato in questo viaggio, tra tutte soprattutto quelle di Stendhal. I miei riferimenti sono stati diversi, a volte ingombranti: i paesaggisti romantici stranieri (Ducros, Cozens, Arnout); Piranesi e gli incisori del XVIII secolo, le tavole dello stesso Deakin, ma anche un gran numero di disegni e schizzi fatti sul posto. Volevo la Roma di Shelley e Keats. Da qui numerose passeggiate al Parco di Villa Boghese, silenziose e lunghe visite al Keats-Shelley Memorial House di Piazza di Spagna e al Cimitero acattolico della Piramide Cestia, del quale un’immagine appare nel libro. Insomma: sono stata Deakin e penso di avere restituito il clima di un’epoca a misura di bambino.
C’è anche un altro soggetto nel libro, che mi sta particolarmente a cuore: l’importanza delle rovine. Di quelle che, senza diventare ostaggio del patetismo o sentimentalismo archeologico, testimoniano del passaggio del tempo. Rovine che si lasciano trasformarsi senza paura, amate in quanto materia imperfetta e cangiante, che si mescola alla vita. Rovine che rimangono vive, risparmiate dal restauro metodico, freddo e mortifero. Se ne vedranno in questo libro, raccontate appena prima della loro scomparsa definitiva, imposta dalla Nazione da poco costituita –L’Italia, finalmente- in nome di un progresso che vuole tutto mondare, rendere pulito, ordinato e inoffensivo.
Un lavoro di quasi due anni che vi offro qui in qualche immagine. Certe non compaiono nel libro, soppresse per la coerenza dell’insieme. E degli schizzi, delle prove, dei divertimenti…

Potete scoprire l’albo e gli originali delle tavole negli incontri e nelle esposizioni previsti a partire dal mese prossimo. La prima data in un luogo non si potrebbe più consono: a Roma, alla libreria Stendhal, il 23 e 24 febbraio prossimi (la mostra durerà fino al 6 marzo). Per ritrovare le tracce del nostro eroe Deakin che in questo stesso quartiere (Piazza Navona) ha camminato, riflettuto e accarezzato l’idea di un libro mai composto prima. Tanto più prezioso in quanto testimone di un mondo che di lì a poco sarebbe scomparso.