martedì 23 aprile 2013

Nascita e morte di un genio

Stratford-upon-Avon al crepuscolo, incisione acquerellata, esposta nel 2012 a Milano alla mia personale Mesdames et Messieurs

Immagino Stratford-upon-Avon, al crepuscolo, animarsi di molti personaggi, reali o immaginari, creati o solo abbozzati. In particolar modo oggi, anniversario di nascita e, per una bizzarra coincidenza (forzata?), anche anniversario di morte di William Shakespeare. 

Shylok, Amleto, Macbeth (il mio illustrato, qui) e tutta la popolazione di personaggi che l'arte shakesperiana ha innalzato a miti, sono diventati simboli di caratteri universali ed insieme profili accidentali, unici e perciò ancor più credibili: umani. Ed è divertente allora che la credibilità traballi e resti sospesa proprio su chi ha dato loro una forma. Il mistero sull'identità di Shakespeare rimane, di fatto, insoluto. 
Tre probabili ritratti di Shakespeare: the Cobbe Portrait, 1610; the Chands Portrait, 161? e the Droeshout Engraving, del 1623.
Due gruppi in conflitto si fronteggiano da sempre: da una parte si costruiscono su basi lacunose prove di autenticità sul nome noto; dall'altra si smentiscono punto per punto gli studi degli antagonisti, mostrando le faglie e facendo supposizioni sul personaggio o i personaggi che starebbero dietro e rimarrebbero nascosti dal prestanome William Shakespeare (qui un interessante punto di vista)Christopher Marlowe, il conte di Derby, Edward de Vere, Giovanni Florio, sono stati individuati via via come i possibili veri autori. La lista è lunga e a volte davvero divertente (qui un commento di Andrea Camilleri su una delle attribuzioni). Sia come sia, quelle pagine di teatro rimangono uniche e modernissime. La paternità degli scritti è dubbia ed è forse una rivincita dell'Arte che si fa beffe di una banale biografia. O forse è un ulteriore atto di genio: stemperare i tratti del reale per definire meglio quelli dell'immaginario? Ed in fondo, in tutta l'arte di Shakespeare non ricorre forse l'arte delle apparenze, degli inganni, insomma: La commedia degli errori? Affascinante. Ma forse, semplicemente, non era nelle intenzioni di Shakespeare favorire il lavoro dei suoi biografi, e questo riguarderebbe, banalmente, una pratica comune del suo tempo. Più difficile da accettare che da credere: il banale non si addice al geniale, il mistero sì. 

Però, infine, tra tutte le speculazioni possibili: 
"If Marlowe wrote Shakespeare's works, who wrote Marlowe's?"
(Woody Allen in "But soft... real soft")