lunedì 27 settembre 2021

Max Ernst- Una settimana di bontà

L'opera grafica di Max Ernst è ricchissima. Essa comprende tutte le tecniche di stampa ed incisione calcografica tradizionali e sperimentali, applicate spesso al medium del libro. 

Per riunire ed analizzare tutta la produzione di libri d'artista di Max Ernst ci vorrebbe un immane lavoro, soprattutto se alla tradizionale tiratura limitata si aggiungono i multipli fotografici o gli esemplari unici che utilizzano monotipo, fotogramma, frottage o collage, da soli o mescolati. Se si considerano i suoi libri d'artista nel complesso, quello che impressiona è la grande libertà di linguaggio, l'utilizzo delle più svariate tecniche e la duttilità con la quale esse vengono impiegate. Le connessioni multiple che si possono creare tra parola e immagine, tra segno tipografico e segno grafico, e tra queste e lo spazio visivo della pagina, fanno del libro un luogo favorevole alla sperimentazione surrealista. Il libro si svolge inoltre in uno spazio-tempo (quello della sequenza delle pagine e del loro sfogliarle) che introduce un altro elemento di ricerca, quello temporale, con nuove possibilità di linguaggio. 


Incisione di Max Ernst per Une semaine de bonté

Max Ernst era profondamente legato all'oggetto-libro. Grande lettore, si muoveva con disinvoltura dal francese all'inglese al tedesco. Nei suoi libri compaiono le tre lingue indistintamente, spesso alternate, a volte mescolate tra loro. Le sue letture erano vastissime e comprendevano la filosofia classica o contemporanea, la psicologia, l'etnologia, le scienze e la letteratura (in particolare Novalis, E.T.A. Hoffmann, Lewis Carroll, Alfred Jarry, Kafka e Beckett).

Attraverso i suoi libri d'artista, Max Ernst esplora tutte le tecniche incisorie tradizionali, con curiosità e libertà, spesso con spregiudicatezza. A queste affianca con peculiare energia tecniche sperimentali spiccatamente personali. Di tutte le tecniche, il collage è senza dubbio la sua tecnica privilegiata. Unicità e innovazione sono le due grandi qualità del collage. A Ernst piace soprattutto perché riesce a tradurre a meraviglia il senso del gioco e dell'inaspettato, che sono il motivo centrale di tutta la sua opera. Le immagini vengono scomposte e poi ricostituite secondo un nuovo ordine, privo di regole logiche o di regole già viste e conosciute. Nascono quindi forme e situazioni del tutto inattesi; l'esplosione di significati improvvisi e sorprendenti è garantita.

Tutte le potenzialità del collage vengono utilizzate ne Une semaine de bonté, considerato uno dei suoi più noti romanzi grafici (nonché l'ultimo), i cosiddetti "Novels in pictures", di cui fanno parte anche La femme 100 têtes e Rêve d'une petit fille qui voulut entrer au Carmel. I tre romanzi per immagini costituiscono l'emblema della letteratura surrealista poiché rifiutano la convezione secondo la quale il narratore è onnisciente. Già Louis Aragon (con Le paysan de Paris) e André Breton (con Nadja) avevano iniziato a scardinare le categorie di senso del vecchio repertorio iconografico, portando il dettaglio trascurabile, il frammento insignificante, dai margini alla centralità del racconto visivo, provocando nuovi imprevisti significati.


Il libro è suddiviso in cinque
cahier in-quarto, dalle copertine a colori vivi associate a un giorno della settimana e a un elemento. Essi comprendono 173 collage e 9 disegni. Solo i primi cinque quaderni vengono realizzati. Troviamo così la Domenica associata al Fango e al colore Viola; Lunedì- Acqua- Verde; Martedì -Fuoco- Rosso; Mercoledì Sangue- Blu; Giovedì-Buio- Nero. Nelle intenzioni il Venerdì sarebbe stato associato alla Vista e il Sabato all'Ignoto. Riuniti nel cofanetto Cinq semaines de bonté, i cinque quaderni sono stati editati per la prima volta a Parigi da Jeanne Boucher nel 1934.

In Une semaine de bonté, Max Ernst amplifica lo spaesamento del lettore inserendo brevi testi, piccole frasi o poche parole ad accompagnare le immagini. Si diverte a sceglierli come mortai pronti ad esplodere, per far nascere nello spettatore tensione e sgomento. Rifiuto dell'armonia secondo i vecchi canoni, trasgressione delle convenzioni, spinta verso le immense potenzialità significanti del caso: questi ingredienti procurano a chi guarda un'esperienza nuova, che riunisce e mescola con spregiudicato compiacimento eccitazione e irritazione, attrazione e fastidio.




Immagini dal cahier verde associato all'acqua

Scardinati logica e senso tradizionali, la parola e l'immagine appaiono isolate come entità enigmatiche a se stanti, come due linee parallele che non si incontrano. Non c'è dialogo né contatto tra loro, non c'è la possibilità che l'una possa spiegare l'altra e viceversa. Questo legame interrotto, spezzato, non è riparabile e il risultato è una duplice e contraddittoria sensazione di smarrimento e di ampliamento della coscienza. Se da un lato i due mondi sono criptici e sfuggono alla nostra comprensione poiché non ci viene volutamente data la loro chiave di lettura, dall'altro proprio questa mancanza di spiegazione e di racconto, crea nuovi significati, dilata le possibilità, non più imbrigliate nelle vecchie categorie di senso.


Immagini dal primo quaderno, associato al Viola e al Fango

Anche qui, come in tutta l'opera di Ernst, c'è un'erotizzazione dell'immagine fortissima. La stessa, secondo l'artista, che permea e muove l'intero processo creativo dell'arte e fonda la sua estetica. Le immagini sono pregne di turbamento; Attrazione-Repulsione-Estasi ne sono i tre fondamenti. Alla prima personale di Max Ernst (a Parigi, nel 1921), André Breton aveva definito il suo lavoro come una scossa elettrica, un "flash ad alta tensione". A scatenarlo è l'accostamento inconsueto e disinibito di elementi mai visti in rapporto reciproco, quella medesima "shocking collision of images" che in campo letterario e poetico ricercano Louis Aragon, Paul Eluard e lo stesso Breton.




Immagini dal quarto quaderno, L'Oedipe, associato al sangue

Il procedimento utilizzato ne Une semaine de bonté e negli altri romanzi grafici verrà riproposto da Max Ernst in molti altri libri, realizzati su testi di altri surrealisti. La rottura con la tradizione è ormai avvenuta, la strada è stata imboccata, e ci si può ormai lasciar andare ad ogni sorta di nuova sperimentazione e invenzione sorprendente. Ma quel è il motore, il fine? Certo l'esaltante, nuova libertà dell'atto creativo. Eppure, insieme a questo, c'è anche, fortissima, la nuova implicazione che viene chiesta allo spettatore. Provocati e ricercati con lucida strategia, Max Ernst vuole la nostra sorpresa e il nostro sgomento, vuole  darci l'Attrazione-Repulsione, e poi l'Estasi.


Dal secondo cahier, l'Acqua